Per la vita delle donne!
La crisi sanitaria generata dalla pandemia Covid non ci farà trovare nelle strade come negli anni precedenti, ma la necessità di questo diritto resta valida come prima.
Nel mondo, il 40% delle donne in età fertile vive in Paesi dove le leggi vietano l'aborto, in tutto o in parte, o dove, anche se legali, i servizi non sono disponibili o sono del tutto inaccessibili, costringendole così a ricorrere ad aborti non sicuri.
La depenalizzazione dell'aborto è una lotta per la vita delle donne. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ogni anno nel mondo vengono eseguiti 25 milioni di aborti non sicuri, 760.000 donne ricevono cure mediche per complicazioni legate ad aborti non sicuri e almeno 22.800 di loro muoiono.
Le donne povere, delle aree rurali, appartenenti a minoranze etniche, migranti, giovani e meno istruite sono quelle che corrono il più alto rischio di complicazioni e di morte, i dati di alcuni Paesi mostrano che circa il 70% delle complicazioni si verificano in queste categorie. Allo stesso modo, queste donne sono le più vulnerabili, più frequentemente perseguite per il reato di aborto nei Paesi in cui ciò è previsto, approfondendo ulteriormente il divario di disuguaglianza e punendole in maniera doppia e tripla. Ciò mostra una marcata disuguaglianza di classe in cui la donna che possiede mezzi economici può permettersi un aborto clandestino ma sicuro o andare in un Paese con una legislazione più aperta, mentre quella che non può, deve scegliere tra un aborto pericoloso e la maternità obbligata.
Altri dati come quelli dell'istituto Guttmacher (1) parlano di circa 40 milioni di aborti all'anno. Il 97% di questi aborti non sicuri è stato eseguito in America latina, Africa e Asia. Nella sola America latina vengono eseguiti 6,5 milioni di aborti all'anno.
La lotta per la legalizzazione dell'aborto nel mondo
In America latina e ai Caraibi, solo tre Paesi consentono l'interruzione di gravidanza indipendentemente dal motivo per cui viene effettuata: Guyana, Uruguay e Cuba.
L'anno scorso in Messico la città di Oaxaca si è allineata a Città del Messico, con una legislazione per cui è consentito l'aborto per qualsiasi motivo fino alla 12a settimana. Questo caso si aggiunge a Porto Rico e alla Colombia dove è consentito interrompere la gravidanza non solo per motivi fisici, ma anche in base alla salute mentale e per stupro, ma dato che ci sono molteplici impedimenti all’accesso, circa il 90% degli aborti continuano ad essere illegali, motivo per cui diverse organizzazioni stanno lottando per la depenalizzazione totale.
A dicembre 2019 il Costa Rica ha ottenuto, dopo anni di rivendicazioni, la Norma Tecnica (2) che regola l'aborto terapeutico solo quando la vita della madre è a rischio o a causa di malformazioni incompatibili con la vita.
In sei Paesi della regione latinoamericana (El Salvador, Haiti, Honduras, Repubblica Dominicana, Suriname e Nicaragua) l'aborto non è consentito in nessuna circostanza.
El Salvador è uno dei Paesi al mondo con la legislazione più repressiva in materia, e c'è una vera persecuzione contro le donne povere. Molte vengono denunciate e incarcerate anche per aborti spontanei. Alcune donne sono state condannate fino a 40 anni di carcere per aver abortito, poiché accusate ingiustamente di omicidio.
In altri Paesi, come Paraguay, Venezuela, Antigua e Barbuda, Guatemala e Dominica, è criminalizzato e consentito solo quando c'è il rischio di morte per la donna. L'Ecuador ha appena votato una legge che consentirebbe l'aborto quando la madre o il feto sono in pericolo imminente, tuttavia, questa legislazione limitata non è ancora entrata in vigore perché Lenin Moreno si rifiuta di dare la firma presidenziale.
Qualche mese fa, il Brasile è stato fortemente scosso dal dibattito sulla legalità dell'aborto. Il caso di una bambina di 10 anni che era stata sistematicamente violentata dallo zio e la cui gravidanza e il parto stesso l’avrebbero messa in pericolo di morte, ha generato molti dibattiti e posizioni. Settori di destra e la stessa ministra Damares (Ministero delle donne, della famiglia e dei diritti umani) hanno cercato di impedirle di interrompere la gravidanza, che in caso di stupro è legale in quel Paese.
La mobilitazione del movimento delle donne ha permesso però alla bambina di portare a termine la procedura [per abortire, ndt], poi il governo Bolsonaro ha emanato un decreto che inasprisce le misure per accedere a questo limitato diritto.
In Cile, dopo tante lotte, nel 2017 è stato possibile invertire un po' la legislazione che criminalizzava l'aborto dal 1990, quando il governo di Pinochet stava per concludersi. La legislazione limitata consente da tre anni di abortire solo per tre cause (pericolo di vita della madre, impossibilità per il feto di sopravvivere e stupro), tuttavia, sebbene sia stata emanata da una presidente, Bachelet, la norma consente l'obiezione di coscienza del personale sanitario, che purtroppo è una causa fondamentale per non permettere l’accesso alla stragrande maggioranza delle donne che ne hanno bisogno.
In un recente studio è stato confermato che il 51% delle ostetriche del sistema sanitario pubblico si dichiara obiettore di coscienza, che chi riceve le donne "non crede loro" e si rifiuta di curarle. Si stima che il 10% degli stupri possa finire con una gravidanza e tra il 2010 e il 2018 ci sono state 174.000 denunce, ma dalla approvazione del 2017 alla fine del 2019 solo 150 donne hanno abortito per questo motivo. Ciò mostra chiaramente che questo diritto limitato non è garantito nel Paese andino.
La lotta delle donne in Argentina nel 2018 ha avuto un impatto nel mondo a causa delle grandi mobilitazioni in tutto il Paese e alle concentrazioni di oltre un milione di persone nella capitale che chiedevano la legalizzazione dell'aborto. Sebbene il Parlamento abbia voltato loro le spalle, sono diventati un punto di riferimento che ha alimentato la lotta in diversi Paesi.
Nello Stato spagnolo, come in altri Paesi europei, l'aborto è legale entro determinati termini. Tuttavia, è ancora soggetto ad una serie di restrizioni del Codice penale, che impone un "periodo di riflessione" di tre giorni, sempre sotto tutela e in molti casi previa "informazione e consulenza" amministrate da organizzazioni "pro-vita".
Allo stesso modo, non è pubblico e gratuito perché il 90% degli aborti viene eseguito in centri privati. Ci sono comunità autonome che non lo praticano o impongono ostacoli per farlo, costringendo le donne a spostarsi in altri luoghi. Inoltre, la legge riconosce l'"obiezione di coscienza" del personale sanitario, che nega anche l'accesso all'assistenza sanitaria per le donne.
Negli Stati Uniti, la lotta è per difendere ciò che è stato conquistato. Donald Trump ha dichiarato più volte il suo desiderio di penalizzare nuovamente l'aborto in tutto il Paese e insieme a settori conservatori, evangelici e di destra ha condotto una crociata "anti-aborto" da quando ha conquistato il controllo della Casa Bianca. Sebbene non abbia ancora raggiunto tale obiettivo, è stato in grado di far applicare restrizioni in alcuni Stati, di eliminare i fondi alle organizzazioni che praticano aborti o aiutano con le pratiche burocratiche e ha modificato la composizione dei tribunali nominando molti sedicenti giudici "pro-vita".
Il diritto all'aborto ai tempi della pandemia
La situazione disperata della pandemia nel mondo e il crollo di tutti i sistemi sanitari rendono ancora più difficile l'accesso all'aborto dove è legale. Alle già precedenti restrizioni o ai definanziamenti dei governi in materia si aggiunge ora l'impossibilità di dare risposte alla salute della popolazione mondiale.
Le necessità di interrompere una gravidanza indesiderata non si sono fermate con il coronavirus, anzi, sono in aumento. Questa decisione personale e intima che compete solo alle donne è spesso mediata dalle condizioni sociali ed economiche. La crescita esponenziale della disoccupazione, la crisi sanitaria ed economica, l'aumento della violenza domestica e la quarantena che ha confinato migliaia di donne e ragazze insieme ai loro aggressori sono motivi per avere accesso all'interruzione legale di gravidanza.
Tuttavia, i governi mostrano i loro veri volti e non garantiscono nemmeno i diritti già conquistati. Nello Stato spagnolo, l'assistenza sanitaria di base è al collasso e ciò viola il diritto all'aborto. Proprio questo 28 settembre, il personale sanitario di base a Madrid farà uno sciopero, che ha tutta la nostra solidarietà.
Gli ostacoli alla legalizzazione dell'aborto non sono esclusivi dei settori di destra come Bolsonaro o Trump, ma anche di quei governi che si atteggiano a progressisti o "femministi". Il caso dell'Argentina è ancora una volta emblematico, dopo le massicce mobilitazioni e da quando la campagna elettorale di Alberto Fernández ha promesso di appoggiare la rivendicazione dell’aborto; attualmente il progetto è paralizzato e il governo usa la pandemia per negare questo diritto così rivendicato nelle strade.
Facendo riferimento ad un sistema sanitario al collasso, il presidente afferma che questo non è il momento per legalizzare l'aborto. Piuttosto che smettere di pagare il debito estero e investire nella salute pubblica, Fernández preferisce che le donne continuino a morire e si espongano alla clandestinità che trae profitto dalle loro sofferenze.
L'aborto legale è un diritto così necessario per salvare la vita delle donne, delle ragazze e delle gestanti, anche in tempi di pandemia quel diritto deve essere conquistato. Non ci sono scuse per continuare a lasciarci morire o incarcerarci.
Accesso ad una educazione sessuale laica e a contraccettivi moderni
Che i Paesi in cui è penalizzato, abbiano tassi di aborto più elevati si spiega con lo scarso accesso all'educazione sessuale e ai moderni contraccettivi. Sono anche dati che dimostrano che il divieto di aborto non lo previene ma provoca la morte di donne, e che chi si definisce "pro-vita" non ha davvero alcun interesse nel tutelarla.
Ad esempio, nei Paesi semicoloniali si stima che 214 milioni di donne abbiano un bisogno insoddisfatto di contraccettivi moderni, cioè non abbiano accesso a nessun metodo, anche se lo desiderano, oppure utilizzino metodi tradizionali e meno efficaci.
Solo in America latina e ai Caraibi, il 56% delle gravidanze sono indesiderate e si stima che ogni anno ci siano 99 milioni di gravidanze indesiderate nel mondo. Di queste, almeno il 56% finisce con l'aborto.
Nei Paesi semicoloniali, l'84% delle gravidanze indesiderate si verifica tra le donne con un bisogno insoddisfatto di contraccettivi.
In molti Paesi l'educazione sessuale nelle scuole pubbliche non esiste e in altri, come nello Stato spagnolo, è un'attività extrascolastica, insufficiente, puntuale, volontaria e con un focus centrato sulla riproduzione.
La lotta oggi è per l'accesso all'aborto legale, sicuro e gratuito; ma, in aggiunta, per una educazione sessuale scientifica e laica nelle scuole e nei centri sanitari, per contraccettivi gratuiti, per programmi di pianificazione familiare e per altre misure volte ad evitare gravidanze indesiderate.
Conquistare la legalizzazione dell'aborto con la lotta
La lotta è ancora per la vita delle donne. In Argentina le donne hanno dato un esempio di come affrontare questa lotta. Tuttavia, le organizzazioni femministe che hanno guidato quella grande "marea verde" hanno messo le speranze e le aspettative delle donne nelle mani del parlamento e negli accordi tra le alleanze legislative. Ciò si è dimostrato non solo insufficiente, ma ha portato anche in un vicolo cieco la grande lotta delle donne e dei settori della società che in massa si sono mobilitati per sostenerle.
Molte di queste organizzazioni oggi sono state incorporate nel governo Fernández, in base al discorso dell’"empowerment", entrando quindi a far parte del Patto Sociale, proponendo l'immobilità e prendendo le distanze sempre di più dai bisogni urgenti delle donne povere e lavoratrici.
La lotta è nelle strade, senza alcuna fiducia nei parlamentari o nei governi. Ma lungi dall'essere una lotta solo nostra, deve essere sostenuta da tutta la classe operaia, con le sue organizzazioni nelle strade.
Anche negli ultimi anni, c'è un'offensiva in diversi Paesi da parte di settori conservatori e della Chiesa per restringere ulteriormente o impedire le riforme sulla questione dell'aborto.
E dove questi attacchi sono stati fermati è stato grazie alla resistenza del movimento delle donne. Ma è necessario avanzare di più, che la classe operaia prenda questa bandiera e avanzi fino a sconfiggere le leggi che condannano a morte e alla persecuzione delle donne, principalmente le più povere.
Sotto il capitalismo, il diritto delle donne di esercitare una maternità dignitosa non è garantito, e questo in molti casi è ciò che le costringe a ricorrere all'aborto, anche contro le proprie convinzioni ideologiche e religiose. Così come l'illegalità dell'aborto costringe alla maternità quelle donne che non hanno il desiderio di essere madri.
D'altra parte, viene negato il diritto ad una educazione sessuale e a contraccettivi gratuiti, oltre a negare o limitare la possibilità di abortire in sicurezza; o per la penalizzazione legislativa o per gli ostacoli e i tagli ai sistemi sanitari promossi dai governi al servizio della borghesia.
La lotta per la depenalizzazione e per la legalizzazione dell'aborto è una lotta dell'intera classe operaia, uomini e donne. Questo 28 settembre dobbiamo ricordare tutte le donne che hanno sofferto e sono morte a causa di aborti clandestini, ma anche organizzare la lotta affinché il diritto all'aborto sia garantito dalla legge.
In modo che nessuna donna sia più perseguitata, punita o metta a rischio la sua vita per abortire. Combatteremo contro le politiche dei settori conservatori che vogliono imporsi sui corpi delle donne. E contro l'ipocrisia dello Stato borghese capitalista che nega il diritto all'aborto, mentre è incapace di garantire alle lavoratrici la possibilità di esercitare la maternità in modo dignitoso.
Continueremo nelle strade, senza fidarci dei parlamenti, dei governi o delle corti di giustizia borghesi; perché solo con la nostra mobilitazione e con la lotta strapperemo questo diritto.
Questo 28 settembre, nonostante la pandemia, continueremo a lottare per la vita delle donne gridando: educazione sessuale per decidere, contraccettivi per non abortire e aborto legale, sicuro e gratuito per non morire!
Note
(2) La Norma Tecnica è un protocollo di intervento medico approvato in Costa Rica nel dicembre 2019 . La funzione della Norma è regolare in modo più specifico la procedura di applicazione dell'articolo 121 del codice penale costaricano che dal 1970 consente l'aborto in caso di pericolo per la vita della madre.