Dopo l'accordo sulle pensioni
un'altra mazzata per i lavoratori
L'infame protocollo Damiano del 23 luglio
di Antonino
Marceca
Il Ministro del Lavoro, Cesare Damiano, su
l’Unità del 31 luglio 2007 ha rivendicato l’operato del governo
nei quattordici mesi dall’insediamento. Un impegno, il suo, “per dare attuazione
ai punti del Programma del Governo nell’ambito di specifica competenza del
Ministero del Lavoro e della previdenza sociale”, il cui prodotto comprende un
complesso di “interventi e misure (…) che costituiscono l’attuazione di un
disegno organico”.
Un “disegno organico”, aggiungiamo noi, che si è esplicitato in un duro attacco
al salario, ai diritti e alle tutele dei lavoratori, a tutto vantaggio dei
poteri forti, degli industriali e dei banchieri.
Un disegno che ha trovato copertura e
sostegno nella sinistra di governo (le quattro forze del "cantiere" per un nuovo
partito socialdemocratico: Prc, Sd di Mussi, Pdci, Verdi) e nelle burocrazie
sindacali; e ha incassato la mezza opposizione (o mezzo sostegno...) dei
cosiddetti "parlamentari ribelli", inclusa Sinistra Critica di Cannavò che, al
di là dei proclami sulla "necessità di opposizione", continua ad alternare voti
a favore del governo, qualche (raro) voto contrario, astensioni e non
partecipazioni al voto (tale è stato il voto di Turigliatto sul Dpef, motivato
con la necessità... che in autunno cresca un movimento nelle piazze...).
Il governo, due giorni dopo aver acquisito
l’accordo sulle pensioni, ha presentato alle parti sociali, sindacati e
organizzazioni padronali, il Protocollo su previdenza, lavoro e competitività.
Il “nuovo 23 luglio”, come è stato definito dal presidente del consiglio Romano
Prodi.
Al tavolo, il 23 luglio 2007, proprio per segnare l’importanza che il
governo attribuisce al Protocollo sul welfare, sedevano oltre a Prodi, Padoa
Schioppa, Damiano, Bersani, Letta, per il Partito democratico, e Rosa Rinaldi,
esponente rifondarola della sinistra di governo. In definitiva, il Protocollo di
Damiano riesce persino a peggiorare il "Pacchetto Treu" e la Legge 30, mentre
avvia lo smantellamento del Contratto collettivo nazionale di
lavoro.
SI RAFFORZA LA PRECARIETA' DEL
LAVORO
Vediamone in sintesi i principali contenuti
in tema di precarietà:
Contratti a termine: dopo 36 mesi,
anche non continuativi, nella stessa azienda il successivo contratto a termine
deve essere stipulato alla presenza di un rappresentante sindacale presso la
Direzione provinciale del lavoro. Senza questo passaggio il nuovo contratto si
considera a tempo indeterminato. Non ci sono né causali né tetti contrattuali
nelle assunzioni di lavoratori a termine, pertanto le aziende possono farne un
largo uso, mentre al sindacato è assegnato un mero ruolo certificativo.
Contratti interinali: i contratti di somministrazione
individuale non sono sottoposti a vincoli e pertanto potranno continuare ad
essere utilizzati dalle aziende.
Staff leasing:
anche la somministrazione di gruppo potrà continuare ad essere utilizzata
liberamente dalle aziende.
Lavoro a progetto: I contratti
"cocoprò" permangono, in più nei prossimi tre anni l’accordo prevede un aumento
dei contributi a carico di questi lavoratori (dal 23,5 al 26,5%).
COSA SUCCEDE CON I
CONTRATTI
Contratti aziendali: è
prevista la detassazione e la decontribuzione dei contratti di secondo livello
per la parte che forma il premio di risultato, aziendale e territoriale.
Quest’accordo spostando la convenienza padronale sulla contrattazione aziendale,
che ricordiamo copre appena il 30% dei lavoratori, mina il Contratto collettivo
nazionale di lavoro, l’unico che può garantire il potere d’acquisto dei salari e
la solidarietà tra tutti i lavoratori.
Straordinari: viene
abolita la contribuzione aggiuntiva degli straordinari, prevista dalla legge 549
del ’95. Questi costeranno alle aziende di meno, quanto le ore ordinarie, e
pertanto potranno incrementarne l’utilizzo e per questa via allungare la
settimana lavorativa e peggiorare le prospettive occupazionali dei precari e dei
disoccupati.
LE BUROCRAZIE SINDACALI RECITANO LA
LORO PARTE
La Cisl e la Uil subito si sono dichiarate
d’accordo sul Protocollo sul welfare. Il Direttivo nazionale della Cgil,
riunitosi, dopo l’incontro con il governo, si è espresso a maggioranza a favore.
La sinistra della burocrazia sindacale, Lavoro e Società e la Rete 28 aprile, ha
espresso un giudizio negativo, mentre la maggioranza della Fiom, rappresentata
da Rinaldini, si è astenuta.
Subito dopo, per una settimana, è iniziato
uno scambio di lettere tra il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani,
e il presidente del consiglio, Romano Prodi. Un gioco delle parti in cui il
primo, nel tentativo di gestire il forte malessere presente tra i lavoratori e i
delegati in merito agli accordi, esprimeva qualche perplessità di merito e di
metodo, mentre il secondo chiedeva al maggiore sindacato di firmare “per intero”
il Protocollo. Un gioco delle parti che si riproduceva nell’alleanza di fronte
popolare tra i ministri del Partito democratico e quelli della sinistra di
governo.
Nel teatrino della concertazione, il gioco delle parti si
concludeva infine con l’ultima lettera inviata il 2 agosto da Epifani a Prodi,
con la conferma della firma della Cgil sull’intero Protocollo.
Il combinato
tra riforma delle pensioni, Protocollo su previdenza, lavoro e competitività, e
ultimi contratti firmati (dopo l’apertura alla triennalizzazione nel Pubblico
impiego, i postali hanno avuto il contratto allungato a tre anni, nel turismo si
è arrivati addirittura a quattro, mentre nella chimica si sono accettati deroghe
al contratto nazionale) configura uno dei più pesanti attacchi registrati
nell’ultimo decennio al lavoro salariato e ai giovani lavoratori.
Questi
accordi, ne siamo certi, incideranno in profondità sulle condizioni materiali e
politiche del proletariato per gli anni a venire, essi confermano e accentuano
tutte le norme precarizzanti; riducono il salario diretto, indiretto e
differito; aumentano l’età pensionabile e gli anni di contribuzione; abbassano i
rendimenti pensionistici attraverso il combinato tra metodo contributivo e
revisione dei coefficienti; costringono i lavoratori ad impiegare il proprio Tfr
per una insicura pensione integrativa; portano allo smantellamento del Contratto
collettivo nazionale di lavoro; allungano la settimana lavorativa e peggiorano
la condizione dei lavoratori precari e disoccupati.
ORGANIZZIAMO LA RISPOSTA DEI
LAVORATORI
Il Partito di Alternativa Comunista, come già indicato a
proposito dell’accordo sulle pensioni, pone con forza la necessità di
organizzare un’adeguata risposta operaia e popolare all’attacco padronale e
governativo: lo sciopero generale. Invita la sinistra sindacale della Cgil e la
Fiom a non limitarsi agli ordini del giorno e ai distinguo, alla
battaglia per un referendum certificato tra i lavoratori ma piuttosto a
mobilitare tutte le proprie forze per contrastare, insieme a tutte le forze
sindacali (Cub, SdL, Cobas, Slai Cobas) il “disegno organico” del governo. Nel
contempo chiediamo a tutta la sinistra (Prc, Pdci, Sd, Verdi, Sinistra Critica)
di scendere dal palcoscenico governativo, di rompere con la borghesia e il suo
governo, di partecipare alla mobilitazione e alla lotta dei lavoratori e delle
masse popolari contro il governo e il padronato.