Dopo le elezioni, probabilmente non prima di un anno, la Cgil avvierà il percorso congressuale, ma a questo importante appuntamento la burocrazia sindacale vuole arrivarci in assoluta sicurezza, di qui i riassetti previsti dalla Conferenza d’Organizzazione e l’avvio dei tavoli sul nuovo modello contrattuale.
Il modello contrattuale concertativo avviato con l’accordo del luglio 1993 ha determinato, attraverso il tetto dell’inflazione programmata su cui si basano le piattaforme sindacali, il drastico crollo del potere d’acquisto dei salari: l’Eurispes calcola che l’inflazione negli anni 2001-2005 è cresciuta del 23,7%, e nel corso del 2006-2007 del 5%, con un’impennata nei primi mesi 2008 dell’8%, ne consegue che la perdita del potere d’acquisto dei salari ha raggiunto il 35%. Secondo l’Istat nel 2007 le retribuzioni sono aumentati del 1,8%, mentre il tasso reale di inflazione era del 2,6%: per garantire il potere d’acquisto le richieste salariali dovrebbero attestarsi ben sopra i 200 euro, non c’è dubbio che il modello contrattuale proposto non risolve questo problema, anzi lo peggiora.
La burocrazia sindacale di Cgil, Cisl e Uil si presenta ai tavoli con una bozza “linee di riforma della struttura della contrattazione” già approvata dai gruppi dirigenti di Cisl e Uil e in attesa di essere approvata a maggioranza al Direttivo della Cgil il prossimo 12 marzo.
La bozza sindacale assume i contenuti programmatici di Confindustria e, nei fatti, porta a compimento il protocollo Damiano sul mercato del lavoro del 23 luglio 2007. Ma vediamone in sintesi i contenuti di merito: il Ccnl assume i caratteri di un “centro regolatore dei sistemi contrattuali” e lega “la difesa del salario al (…) concetto di inflazione realisticamente prevedibile”, in continuità quindi con il concetto di “inflazione programmata”. Inoltre la bozza sindacale propone il “superamento del biennio economico e la fissazione della triennalità della vigenza contrattuale, unificando così la parte economica e normativa”, un meccanismo che ridurrà ulteriormente i salari. Nel nuovo modello contrattuale pertanto viene espunto il nocciolo del Ccnl: la difesa dei diritti e delle tutele, la lotta per l’aumento salariale e la funzione solidaristica tra tutti i lavoratori; infatti solo nel 10% delle aziende (meno del 30% dei lavoratori) si effettua la contrattazione di secondo livello, mentre in tante aziende manca qualsiasi tutela sindacale.
Svuotata ogni vertenza contro il padronato per il salario, rimane la pressione congiunta di padroni e operai, uniti in un rapporto corporativo, verso il governo… sul fisco, una strada che porterà al taglio del salario indiretto (servizi, scuola, sanità, ecc.).
La bozza sindacale individua nella contrattazione di secondo livello, aziendale o territoriale, da rafforzare con misure di detassazione e decontribuzione legislativa, in linea con il protocollo del 23 luglio 2008, “spazi di manovra salariali e normativi”, alludendo alle deroghe aziendali al contratto nazionale in tema di orario e flessibilità, come avvenuto per i chimici. Mentre le quote di salario aggiuntivi vengono strettamente legate alla redditività d’impresa, ancorando il salario agli obiettivi aziendali: produttività, qualità, redditività, efficienza, efficacia. Il salario di merito ci riporta indietro agli anni Cinquanta e premia l’individualismo, il crumiraggio, il cottimo. Un impianto che subordina totalmente i salariati all’impresa, che sostituisce la lotta alla collaborazione di classe: è questa la filosofia degli enti bilaterali.
Questa bozza rende pienamente operativa la costituente sindacale, come proposta nel documento politico della Conferenza d’Organizzazione della Cgil.
Primo, la riduzione della democrazia interna attraverso limiti invalicabili al dissenso pubblico, come evidenzia l’allarme sui rischi di “parcellizzazione politico-organizzativa”, proprio per riproporre la gestione della Cgil per componenti partitiche, cioè il Pd e. in modo subalterno. la Sinistra arcobaleno.
Secondo, la proposta a Uil e Cisl di “elaborare un Manifesto politico (…), un progetto comune (…), per la costruzione di una nuova unità tra le tre confederazioni sindacali”.
Questo è il nocciolo politico della Conferenza: per questo giudichiamo insufficiente una battaglia emendataria, come proposto dalla maggioranza della Rete 28 aprile, e proponiamo invece una battaglia di netta opposizione alla burocrazia sindacale.
Secondo la Commissione, nell’area dell’euro nel 2008 il prodotto lordo aumenterà soltanto dell’1,8%, mentre l’inflazione si dovrebbe attestare intorno al 2,6%. Si avvia quindi una fase di recessione e inflazione, la cosiddetta stagflazione.
Per quanto riguarda l’Italia le previsioni indicano un dimezzamento del tasso di crescita, intorno al 0,7%, mentre l’inflazione dovrebbe crescere del 2,7%. Il centro studi di Confindustria parla di un forte decremento degli ordinativi acquisiti dalle aziende industriali che lavorano su commessa di almeno l’8,1%. Non c’è dubbio che la crisi capitalistica verrà scaricata ancora una volta sui lavoratori e le masse popolari, mentre la pressione sindacale sul governo per una riduzione sul fisco è puramente illusoria. Anzi, con assoluta certezza possiamo affermare che il prossimo governo, indifferentemente se diretto da Veltroni o da Belusconi, continuerà la medesima politica di guerra sociale contro i lavoratori e le masse popolari, mentre il sindacato unitario scivola dalla sindrome del governo amico alla sindrome di tutti i governi sono amici.
Per contrastare questa politica è necessario un altro modello contrattuale e sindacale, un modello conflittuale che riproponga la battaglia per i salari, per i diritti, per le tutele. Un piattaforma sindacale di fase che riproponga con forza, soprattutto in presenza della triennalizzazione dei contratti, il ripristino della scala mobile dei salari e delle pensioni, congiuntamente alla lotta per l’abrogazione delle leggi precarizzanti (Treu, Biagi, Damiano) e razziste (Bossi-Fini, Amato-Ferrero).
Per questo non basta la costruzione al prossimo congresso della Cgil di un’opposizione di sinistra in tutte le categorie, come proposto dalla Rete 28 aprile, ma è necessario costruire nelle officine e negli uffici l’unità di classe tra tutti i sindacati non concertativi. E’ questo un primo passo per ricostruire quel sindacato di classe che ha la sua base potenziale di partenza nel milione di voti contro l’accordo del 23 luglio 2007 e in quel 25% di metalmeccanici che hanno votato No all’ennesimo contratto a perdere. Nel contempo è necessario continuare la lotta per la costruzione del partito comunista, senza il quale “non c’è vittoria e non c’è conquista” duratura per la classe operaia e per le masse popolari. Per questa prospettiva lavora nelle lotte quotidiane, cercando di rendere questa prospettiva visibile anche nella campagna elettorale, il Partito di Alternativa Comunista.