La Fiat vuole chiudere Termini Imerese
Una sola parola d'ordine:
occupazione delle
fabbriche!
di Davide Margiotta (*)

E' in questa cornice che vanno letti i piani di Fiat, che non sono semplicemente di tagliare i costi licenziando migliaia di lavoratori in mezzo mondo (secondo il quotidiano economico tedesco Handelsblatt il cosiddetto "Progetto Phoenix" prevedeva la chiusura o il ridimensionamento di diverse fabbriche in tutta Europa: Germania, Spagna, Svezia, Belgio, Gran Bretagna, Austria e Italia). La strategia di Marchionne è fatta anche di acquisizioni (Opel e intesa con Chrysler) e del tentativo di sfondare su nuovi mercati (quello nordamericano su tutti, con l'operazione Chrysler).
L'operazione Opel è fallita, ma l'obiettivo principale dello sfondamento negli Usa è perfettamente riuscito, tramite l'acquisizione del controllo strategico di Chrysler, pagata a caro prezzo dai lavoratori statunitensi (i cui sindacati hanno accettato un accordo capestro che prevede il divieto di sciopero fino al 2015, il congelamento del salario - che per i nuovi assunti sarà pari al 70% di quello attuale -, penalizzazioni sugli straordinari, la cancellazione per due anni di numerose festività, l'acquisto suicida di una gran quantità di azioni dell'azienda da parte del fondo pensione dei dipendenti).
E così, mentre la Fiat decide unilateralmente la sospensione della produzione a Termini "sino a quando verrà ripristinato il flusso delle merci", e annuncia la cassa integrazione per tutti gli stabilimenti del gruppo, i lavoratori scavalcano le proprie direzioni traditrici e si mobilitano loro malgrado. A Pomigliano 38 operai precari, il cui contratto non è stato rinnovato, stanno in queste ore bloccando le strade, dopo aver occupato la stanza del sindaco.
Prosegue anche il presidio degli operai a Termini Imerese e l'eroica lotta dei lavoratori Delivery Email: tredici operai dell'indotto che perderanno il lavoro sono da nove giorni sui tetti contro i licenziamenti e la revoca della commessa da parte del Lingotto ("Scenderemo solo con la certezza di un lavoro oppure morti...").
Il 29 gennaio si terrà sotto la supervisione del ministro Scajola (il macellaio di Genova 2001) il Tavolo dell'Auto per discutere del futuro di Termini Imerese, ma non sembra che il governo abbia intenzione di giocare un ruolo di primo piano nella vicenda, vista l'impossibilità immediata di elargire i soliti aiuti statali al Lingotto.
La crisi capitalistica sta distruggendo la vita di milioni di proletari. Di fronte all'attacco del padronato, di fronte al tentativo di scaricare i costi della sua crisi sul proletariato, abbiamo assistito sinora a singole lotte eroiche, ma non ancora all'esplosione sociale di cui la situazione è oggettivamente gravida. Le ragioni sono molteplici: dal sapiente uso degli ammortizzatori sociali al ruolo di veri e propri "agenti della borghesia nel movimento operaio" giocato dalle direzioni burocratiche (Cgil, Fiom, Rifondazione: tutti interpretano la parte del pompiere). La battaglia che si svolgerà nei prossimi mesi alla Fiat sarà decisiva: una vittoria contro l'azienda-simbolo del capitalismo italiano aprirebbe un nuovo ciclo di lotte in tutto il Paese. Ma solo una lotta dura e senza quartiere può piegare i disegni di Marchionne, che sono i disegni della borghesia che tenta disperatamente di salvarsi dalla catastrofe. Gli scioperi (specie quelli simbolici) a questo punto non bastano più, è necessaria una lotta ad oltranza e l'occupazione degli stabilimenti delle aziende in crisi, a partire da Termini.
Le lotte alla Innse, all'Alcoa, alla Bar.sa sono solo alcuni esempi che dimostrano che si può fare. A partire da questa vertenza centrale è urgente riuscire a costruire l'unità della classe lavoratrice, nativa e immigrata, intorno a una piattaforma di lotta radicale. La forza gigantesca della classe operaia, finora trattenuta dalle burocrazie, può battere il padronato e il suo governo!