41bis: quanto vale la vita nel capitalismo?
Nota della redazione web
La drammatica vicenda dell’anarco-insurrezionalista Alfredo Cospito – in sciopero della fame da più di 100 giorni e, come dicono i medici che lo hanno visitato, in fin di vita - ha avuto il merito di portare l’attenzione sul 41bis e sulla brutalità degli apparati repressivi del capitalismo («bande armate del capitale», le definiva efficacemente Engels). Come stanno denunciando molte associazioni umanitarie, si tratta di un regime di carcere duro equivalente alla tortura. Col 41bis i detenuti vivono in condizioni di isolamento in celle minuscole, possono usufruire di poche ore d’aria al giorno (due, nel caso di Cospito), sono sottoposti a sorveglianza continua, non possono avere colloqui coi familiari. A Cospito è stato negato qualsiasi contatto con l’esterno, non può leggere libri né scrivere, gli è stato persino impedito il possesso di foto di familiari defunti. È un regime di tortura prolungata, che provoca danni incalcolabili nella psiche dei detenuti: una pratica medievale che il capitalismo del XXI secolo utilizza contro coloro che, come Cospito, sono accusati di «terrorismo».
Come viene utilizzato il 41bis?
L’attuale versione del 41bis è stata introdotta nel 1992 all’indomani degli attentati di Cosa Nostra (quelli in cui persero la vita Falcone e Borsellino). Da quel momento il regime di carcere duro, prima solo temporaneo, venne esteso temporalmente con la giustificazione che questo potesse servire a convincere il detenuto a collaborare con le indagini. La vicenda di Cospito dimostra che la mafia c’entra poco: tanto più che la borghesia mafiosa da sempre collabora con la borghesia «legale» e il suo Stato quando hanno affari in comune.
Il 41bis può venire usato anche per azioni definite di «terrorismo». La cosa che va evidenziata è che Cospito non è accusato di nessun omicidio: ha già scontato 10 anni in carcere per il ferimento («gambizzazione») di un dirigente di Ansaldo Nucleare (2012) ed è considerato un esponente della Federazione anarchica informale, un gruppo che ha organizzato vari attentati (senza vittime) a sedi istituzionali (Ue, ambasciate, sedi di partito, caserme dei carabinieri, ecc). Il suo rifiuto di collaborare lo ha portato al 41bis e oggi rischia di morire per lo sciopero della fame.
Le ipocrisie del sistema capitalistico sono evidenti: i capitalisti responsabili delle stragi sul lavoro restano nei fatti impuniti. Pensiamo a quanto successo con gli assassini della ThyssenKrupp (come sanno bene i familiari delle vittime, i responsabili della strage non hanno passato nemmeno un giorno intero in carcere!) o alla recente vicenda della morte di Luana D’Orazio, stritolata da una macchina non a norma per non rallentare la produzione (anche qui: i padroni della fabbrica non hanno fatto né faranno nemmeno un giorno di prigione). E l’elenco potrebbe essere lungo.
Ma pensiamo anche al trattamento riservato dallo Stato borghese italiano a criminali nazisti: Priebke, responsabile della strage delle Fosse Ardeatine, è stano in carcere solo pochi mesi per poi essere trasferito, in virtù dell’età e delle condizioni di salute, agli arresti domiciliari in un lussuoso appartamento di 100 metri quadri a Roma… Pensiamo anche alla vera e propria copertura che gli apparati repressivi hanno negli anni fornito ai terroristi fascisti, impiegati in vari casi dalla borghesia e dal suo Stato per organizzare attentati e stragi contro le lotte operaie.
Questo accanimento giudiziario e repressivo nei confronti di Cospito dimostra che lo Stato borghese usa due pesi e due misure e che i veri criminali spesso restano impuniti.
Per questo rivendichiamo sia l’abolizione del disumano 41bis sia l’immediata liberazione di Cospito, che ha il diritto di salvare la propria vita. È vergognosa «l’intransigenza» del ministro della Giustizia: una dimostrazione del carattere borghese e reazionario di questo governo, che probabilmente non esiterà a utilizzare analoghi strumenti repressivi nei confronti delle lotte operaie e dei giovani.
Il nostro giudizio politico
Nel dire questo, vogliamo tuttavia precisare il nostro giudizio politico su azioni come quelle messe in atto in questi anni dalla Federazione anarchica informale (incluse quelle di questi giorni). Siamo marxisti e quindi non condanniamo la violenza quando è posta al servizio della crescita delle lotte di massa e delle rivoluzioni. Marx definiva la violenza la «levatrice della storia»: non è mai accaduto nella storia che un sistema economico e politico (oggi il capitalismo) lasciasse il posto a un sistema migliore (il socialismo) senza opporre una dura resistenza. E sappiamo bene che i ricchi capitalisti non esiteranno a utilizzare tutti gli strumenti a loro disposizione per reprimere chi proverà a togliere loro il potere: dagli apparati di polizia all’esercito fino alle bande paramilitari e fasciste.
Trotsky, nel Programma di transizione (il programma fondativo della Quarta Internazionale), scriveva che «l’armamento del proletariato è un passaggio obbligatorio nella sua lotta di liberazione». Lo vediamo anche nelle rivoluzioni e nelle guerre di liberazione in corso in questi giorni, come in Iran e in Ucraina: il proletariato ha il diritto di armarsi per difendersi da chi lo aggredisce. Il proletariato, appunto: non piccoli gruppi auto-referenziali come quelli anarco-insurrezionalisti che compiono azioni isolate, completamente estranee alla mobilitazione di massa; azioni che pretendono, anzi, di sostituirsi alla crescita delle lotte e che, in definitiva, servono solo come pretesto per inasprire la repressione.
Il terrorismo piccolo-borghese è nemico della lotta di classe: in Russia agli inizi del Novecento, come dicevano i bolscevichi (e lo stesso Trotsky), distrusse un’intera generazione di giovani valorosi che hanno pensato di trovare negli attentati una scorciatoia per aggirare il necessario – paziente – intervento nella classe operaia. Lo stesso è accaduta in Italia alla fine degli anni Settanta.
Per questo politicamente siamo distanti e condanniamo – non dal punto di vista dello Stato borghese e della sua morale, bensì da quello della lotta rivoluzionaria - le azioni di gruppi come la Federazione anarchica informale: i loro attentati sono serviti e serviranno solo a offrire il pretesto alle istituzioni borghesi per reprimere azioni di lotta dei movimenti e dei lavoratori, così favorendone la sconfitta (non è un caso che, nella storia d’Italia soprattutto, gruppi di questo tipo siano spesso infiltrati e utilizzati da settori dello Stato borghese proprio per favorire la repressione e il riflusso delle lotte: si pensi alla «strategia della tensione»).
Per un approfondimento del tema dell’uso della forza rimandiamo a questo articolo già pubblicato sul nostro sito (in relazione ad altri fatti di natura diversa): https://www.partitodialternativacomunista.org/politica/nazionale/la-piazza-e-luso-della-forza. In questi giorni saremo nelle piazze che chiedono la liberazione di Cospito e l’abolizione del 41bis, ma nella chiarezza politica: il marxismo non è avventurismo.