Partito di Alternativa Comunista

Governo e padroni all'attacco

Governo e padroni all'attacco

Con la complicità delle burocrazie sindacali

Cosa succede nella sinistra Cgil

 

di Alberto Madoglio

Nonostante una crisi economica che, a cinque anni dall’inizio, non accenna a terminare, con notizie sempre più drammatiche che arrivano dal mondo del lavoro, con una disoccupazione che ormai ha raggiunto il 10%, mentre tra i giovani supera il 35%, con un esecutivo Monti che non retrocede di un millimetro nelle sue politiche di austerità contro i settori più deboli della popolazione, i sindacati continuano imperterriti nella loro politica di collaborazione di classe e di freno alle mobilitazioni.

 

Non hai il lavoro? Un concertone ti alza il morale

Della Cgil abbiamo già detto in diversi articoli, tuttavia i tradimenti e l’inadeguatezza di questa organizzazione sindacale superano ogni volta la nostra immaginazione. Anche quest’anno, mentre in tutta Europa in occasione del Primo Maggio organizzazioni sindacali tutt’altro che rivoluzionarie organizzavano imponenti manifestazioni di lavoratori, qui da noi Cgil e i suoi degni compari, Cisl e Uil, hanno proposto il classico concerto rock a Roma, parte importante nella strategia sindacale di contribuire il più possibile a smorzare le lotte. In mancanza del panem (lavoro) i sindacati si accontentano di offrire il circenses (musica).
Come se non bastasse, lo sciopero generale annunciato da mesi è di là dall’essere convocato effettivamente.

 

Cgil e Fiom: nessuno tocchi la Fornero

Ma non basta. L’ultimo Direttivo Nazionale del sindacato di Corso Italia ha votato a larga maggioranza un ordine del giorno in cui si difende la “mediazione” raggiunta col governo riguardo la riforma del mercato del lavoro, mediazione solo di facciata in quanto, come Monti e la Fornero hanno più volte ripetuto, d’ora in poi le imprese avranno la piena libertà di licenziare e, al massimo, dovranno versare ai lavoratori delle minime indennità, mentre i casi in cui il lavoratore potrà essere reintegrato in azienda, saranno più unici che rari.
Se in passato le risposte che davano la sinistra Cgil, e in particolare la Fiom, erano al di sotto delle necessità, oggi la direzione dei metalmeccanici ha forse toccato il fondo della sua inadeguatezza. Nascondendosi come già in passato (vedi il caso Fiat Bertone a Grugliasco) dietro una richiesta delle Rsu, in questo caso quelle dell’Alenia di Torino, Landini e Airaudo hanno avuto la brillante idea di invitare ad un “confronto” coi lavoratori il ministro del Welfare Fornero, la quale è stata ben lieta di “spiegare”, a operai e impiegati, le sorti magnifiche e progressive della sua riforma del mercato del lavoro. Una scena penosa, un carnefice che spiega alle sue vittime perché devono essere contente di andare al patibolo. Più che a un confronto tra posizioni diverse, ci è sembrato di assistere, pur con qualche secolo di ritardo, al discorso che Re Sole fece davanti agli Stati Generali in Francia, L’unica differenza è che i lavoratori, almeno per il momento, non hanno ascoltato in ginocchio!
Pur non giustificando in nessun modo la scelta fatta dalle rappresentanze sindacali dell’Alenia, non ci stupiamo che la disperazione, la paura del futuro, la mancanza di una direzione sindacale coerente, possano spingere i lavoratori a fare scelte sbagliate.

 

Landini e Airaudo: diversi da chi?

Tutti quelli che continuano ad avere illusioni circa una “diversità” del gruppo dirigente Fiom rispetto agli altri leader sindacali, dovrebbero aver capito che di diverso c’è solo il modo di difendere gli interessi di quella burocrazia: se per questo scopo si deve alzare la voce bene, se al contrario è necessario dimostrarsi accondiscendenti verso governo e padroni (vedi la richiesta di una tregua sociale avanzata a Federmeccanica all’assemblea dei quadri lo scorso settembre) è uguale, l’importante è rimanere interlocutori affidabili, a che prezzo è solo un dettaglio.

 

Giorgio Cremaschi e l’alternativa che non c’è

Va riconosciuto che, di fronte a questa “melassa” buonista, l’unico che ha fatto sentire la sua voce fuori dal coro è stato il leader della Rete 28 Aprile, Giorgio Cremaschi. Al Direttivo Cgil è intervenuto per dire che davanti alla scelta della maggioranza, nessuna disciplina di organizzazione potrà essere valida, visto che in gioco ci sono interessi vitali per i lavoratori. Così come ha preso le distanze dall’invito alla Fornero, pur guardandosi dal criticare apertamente chi ha avuto questa idea (leggi gruppo dirigente Fiom). Temiamo che queste siano però delle, seppur condivisibili, petizioni di principio, che tali rimangano. Sono anni che assistiamo, da parte di Cremaschi, a una serie di dichiarazioni che sembrano sempre più come dei “penultimatun” in cui l’inizio di una vera e propria battaglia viene sempre rimandato a un futuro imprecisato.
E tutto questo perché? Perché una vera lotta contro la linea politica della Cgil non può limitarsi a criticare l’attuale maggioranza che sostiene Susanna Camusso, ma inevitabilmente deve riguardare anche il gruppo dirigente della Fiom, col quale Cremaschi non ha nessuna volontà di rompere. Inoltre una vera alternativa non può certo basarsi sul confuso e riformista programma che ha dato vita alla manifestazione del 31 marzo a Milano contro il pagamento del debito, che appunto non rompe in alcun modo con le compatibilità del sistema capitalistico. Anche nel suo caso ci troviamo di fronte ad una battaglia che si fonda più su precari equilibri di apparato che non su di un appello alla mobilitazione di tutti i lavoratori iscritti alla Cgil.

 

Quale sbocco per la crisi: o sconfitta dei lavoratori o alternativa socialista

E sì che i segnali di crescita del fermento sociale sono presenti anche in Italia, nonostante tutti i tentativi di spegnerli sul nascere: gli scioperi spontanei e i blocchi stradali che ci sono stati in tutto il Paese quando il governo ha reso noti i dettagli della riforma del lavoro; il fatto che una categoria storicamente poco combattiva come quella dei bancari abbia respinto l’ipotesi di rinnovo del contratto nazionale (giustamente chiamato contratto "salva banchieri"). Le dure contestazioni che hanno accolto la Camusso allo sciopero regionale del Lazio, o il fatto che al Direttivo Cgil già in precedenza citato (che è composto da alti papaveri dell’apparato sindacale) i segretari di due importanti categorie (Scuola e Funzione Pubblica) si siano trovati costretti (dalla pressione della base) ad astenersi sull’ordine del giorno della segretaria, esprimendo così una sorta di sfiducia sull’atto politico più importante di quel sindacato dalla fine del XVI congresso: sono tutti segnali che provano che il quadro sociale è meno tranquillo di quanto vogliano farci apparire.
Non è più tempo di dubbi o di rinvii. E’ l’Europa stessa a dimostrarcelo. In Francia al primo turno delle presidenziali, il Fronte Nazionale fascista ha avuto un grande successo con circa il 18% dei voti, raccogliendo consensi anche tra settori della classe operaia. In Grecia i sondaggi dicono che alle elezioni del 6 maggio un partito apertamente fascista, Alba Dorata, dovrebbe avere tra il 3 e il 5% dei voti. Sono tutti segnali univoci: o il movimento operaio riesce a dotarsi di una direzione politica e sindacale conseguentemente rivoluzionaria e anticapitalista, oppure la risposta alla crisi verrà da organizzazioni xenofobe, razziste e fasciste. La Grande Depressione del 1929 ebbe come risultato la vittoria di Hitler in Germania e la sconfitta delle rivoluzioni in Austria, Francia e Spagna non per la debolezza della classe operaia ma per i tradimenti degli stalinisti e dei riformisti, per la loro capitolazione ai governi borghesi. La crisi iniziata nel 2007 per molti versi assomiglia a quella scoppiata ottanta anni fa e come allora sta ai rivoluzionari lottare: per fare in modo però che stavolta il finale sia diverso da quello degli anni Trenta.

 

 

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