Governo sì, governo no:
il balletto della politica borghese
di Matteo Bavassano
L’esito delle elezioni non ha tolto le «castagne dal fuoco» alla borghesia italiana: il discredito delle forze politiche tradizionali, in primo luogo del cosiddetto «centrosinistra», ha fatto sì che l’elettorato si rivolgesse principalmente verso due formazioni populiste come Lega e Movimento 5 stelle, eleggendo così un parlamento «tripartito» senza possibilità di trovare accordi per formare un governo.
Questa
situazione è un sottoprodotto della crisi economica internazionale degli ultimi
anni, e dell’austerità gestita congiuntamente da «centrodestra» e
«centrosinistra» e, sia detto di passata, è un fenomeno che colpisce non solo
l’Italia: pensiamo alla difficoltà di formare un governo in Germania dopo le
ultime elezioni, dove si è dovuto ricorrere all’alleanza tra Cdu e Spd, ma
pensiamo anche alla stessa Francia, dove a fronte del crollo di socialisti e
gollisti ed all’avanzata dei populisti xenofobi del Front nationale, Macron ha
potuto formare un governo solo grazie al sistema maggioritario e
semipresidenziale francese, ma non ha il consenso né la forza necessaria per
frenare l’ondata di lotte operaie e studentesche nel Paese.
Tornando
all’Italia, non possiamo che rilevare come, dopo più di un mese dalle elezioni
e due «giri» di consultazioni di Mattarella con i vari partiti, le forze
politiche non hanno trovato un accordo per formare un governo: questa
situazione risponde sia ad una divergenza «programmatica» su quale sia il modo
migliore per scaricare dai padroni ai lavoratori i costi del risanamento dei
conti pubblici, sia alla volontà di alcuni di evitare di logorarsi in un
governo di coalizione di cui non siano il centro politico. Molti commentatori
borghesi davano per certo nei giorni scorsi un accordo tra Lega e M5s, ma la
cosa non è per niente scontata, nemmeno con una personalità terza alla guida
dell’esecutivo, e anzi la svolta che Luigi Di Maio ha dato alla politica estera
dei cinquestelle in senso europeista e atlantista li avvicina di molto alle
posizioni estere del Pd: in un periodo di frizioni internazionali e di
interventi militari imperialisti in Siria, l’importanza di queste questioni
aumenta esponenzialmente, e un richiamo di Mattarella alla responsabilità nazionale
difficilmente sarebbe ignorato dal Pd, soprattutto perché la frangia borghese
che fa ancora riferimento al Pd è quella più filo-atlantica.
In
ogni caso, a fronte delle chiusure di tutti i partiti, il presidente della
repubblica pare intenzionato a dare un incarico esplorativo ad uno dei
presidenti delle camere e ad evitare ad ogni costo un ritorno alle urne.
È
questo uno scenario di grande incertezza, su cui non si possono azzardare
previsioni, ma si può dire certamente una cosa: da mesi l’azione del governo è
paralizzata e ciò ha sicuramente posto un freno agli attacchi contro i
lavoratori, ma da un nuovo governo non possiamo che aspettarci nuovi attacchi.
Sia Lega che M5s hanno purtroppo raccolto un importante consenso tra i
lavoratori e la classe operaia e questo rischia di frenare le lotte, in un
momento in cui una risposta forte dei lavoratori alle controriforme governative
potrebbe far vacillare un governo che, almeno inizialmente, sarà fragile e
pieno di contraddizioni sociali e politiche.
Il nostro
appello ai lavoratori è quindi di non concedere il beneficio del dubbio, di non
lasciargli tempo, ma di rispondere colpo su colpo, con la lotta, ad ogni misura
che vada contro i loro diretti interessi. Solo così si potranno sconfiggere i
padroni e il loro nuovo governo, qualunque esso sia.