
Dalla sede entrano ed escono, in continuazione, immigrati di diverse nazionalità per chiedere un consiglio sul permesso di soggiorno, l’assistenza per le pratiche di ricongiungimento familiare, per resistere ad uno sfratto, per capire come leggere una busta paga o un contratto di lavoro.
Chiedo al Segretario Generale Wagne Moustapha, un compagno senegalese, e al VicePresidente Tahar Sellami, un compagno tunisino, di parlarmi del Coordinamento, di com’è nato, della sua storia e dei suoi obiettivi.
Non è facile sintetizzare in un articolo l’entusiasmante e difficile percorso che ha visto Wagne e Tahar, insieme a tanti altri lavoratori immigrati, costruire il Coordinamento e, mentre i compagni raccontano, la tensione e l’emozione è forte.
Nel 2002 c’erano state numerose mobilitazioni. Il Coordinamento è nato sull’onda di una lotta che è avvenuta nel 2003 per la sanatoria, una lotta che è partita da Verona ed ha coinvolto altre città d’Italia. Dopo una lunga serie d’iniziative, questa lotta ha ottenuto il risultato che sono stati sbloccati più di 400 permessi, un risultato che ha dato coraggio e la volontà di proseguire.
Mi raccontano del lungo percorso per arrivare ad oggi, del rapporto con i Centri Sociali (“disobbedienti”) che hanno tentato di egemonizzare su parole d’ordine arretrate questo movimento e della battaglia, invece, per mantenere un’indipendenza su posizioni di classe, mi parlano delle difficoltà economiche, dei numerosi cambi di sede.
Nella sede di Via Maffei, nel 2003, si è infine costituito, con statuto, il Coordinamento Migranti di Verona, un coordinamento di lotta indipendente, sia nelle questioni pratiche sia nelle scelte politiche. Il Coordinamento, mi spiegano i compagni, si muove su due binari: da un lato la lotta e da un lato l’assistenza pratica (sportello di servizi) agli immigrati. Questo secondo aspetto, se si valutano i gravi e innumerevoli problemi che gli immigrati devono affrontare a causa della burocrazia e delle leggi razziste, è considerato un importante modo per mettersi in contatto con i lavoratori. “Inoltre- mi spiegano Wagne e Sellami- il Coordinamento offre, così, un’alternativa ai sindacati confederali che non hanno fatto e continuano a non fare una vera lotta politica a favore degli immigrati. La Cgil non ha mai voluto appoggiare veramente gli immigrati”.
Proprio perché la Cgil nei fatti non difende e non organizza gli immigrati, Wagne Moustapha, già funzionario della Cgil nel settore internazionale e immigrazione, dalla Cgil se ne è andato. E racconta: “Prima del 2003, dopo essermi dimesso dalla Cgil, ho aperto un ufficio come libero professionista, facevo assistenza agli immigrati ed ero anche vicepresidente di una Cooperativa. Un giorno è entrata nel mio ufficio una delegazione di lavoratori immigrati che mi hanno posto una sola, semplice domanda. Mi hanno chiesto: ‘Vuoi fare da solo o vuoi collegarti alla lotta popolare?’. Io ho chiesto loro una settimana di tempo per pensarci. A quel tempo guadagnavo bene e avevo appena firmato con la Confartigianato di Bergamo un accordo per avviare alcuni corsi per imprenditori immigrati. Ho deciso di fare una scelta di classe: ho lasciato la Cooperativa, la Confartigianato e mi sono unito alla lotta dei lavoratori”. Tahar Sellami mi dice: “Anch’io sono uscito da ‘Cesar K’ (il centro sociale di area disobbediente, ndr) e mi sono unito a loro”.
Nell'ottobre 2003 si spostano in un’altra sede e nel 2004 si trovano a decidere se federarsi RdB. Per fare azione sindacale, nel marzo 2005, firmano l’adesione. Il Coordinamento Migranti di Verona lavora con Rdb e Adl (un sindacato egemonizzato dai disobbedienti, ora entrato in Usb come RdB) ma il rapporto con Adl si deteriora e diventa più grave nel dicembre 2008, fino ad arrivare a una vera e propria rottura che è esplicitata pubblicamente nel gennaio 2009.
Nel racconto che mi fanno i compagni emerge chiaramente la volontà, da parte del Coordinamento, di respingere qualsiasi tentativo di strumentalizzazione, la volontà di pretendere un reale rispetto nei rapporti e di difendere il Coordinamento da qualsiasi tentativo di divisione o da tentativi esterni di svuotarlo dei suoi contenuti.
Dopo la rottura con Adl, il Coordinamento cerca di riorganizzarsi e, nonostante le difficoltà logistiche ed economiche, rilancia il suo intervento politico organizzando una grande e partecipata assemblea pubblica il 18 aprile 2009.
Wagne e Tahar raccontano che il Coordinamento Migranti di Verona, dopo un percorso democratico di coinvolgimento di tutti gli iscritti, ha deciso di non aderire ad Usb, non solo per la presenza di Adl nel nuovo soggetto, ma soprattutto perché è mancato, al momento della scelta di formare il nuovo sindacato, un percorso democratico, e questa gestione ha penalizzato molti lavoratori. E il rapporto con il Comitato immigrati in Italia? “ Il rapporto è stretto - mi dicono - siamo entrambi membri della Segreteria del Comitato”.
“Siete proprio nella città del sindaco Tosi, leghista”, faccio loro notare. “Sì - racconta Tahar - siamo ancora più orgogliosi, perché riusciamo a difenderci dal ‘lupo’. Comunque, anche con Paolo Zanotto, ex sindaco di centrosinistra, non era facile, avevamo gli stessi problemi, molte difficoltà, moltissimi problemi di sfratti, anche con lui abbiamo dovuto intraprendere la stessa dura lotta che stiamo combattendo ora con Tosi”.
“Nell’ultimo sondaggio, effettuato per il Sole 24 ore - osservo - Flavio Tosi ha ottenuto il primo posto come sindaco più amato d’Italia”.
“Oltre ai problemi di cui si parla con più frequenza come il lavoro, il permesso di soggiorno – chiedo – di cosa hanno bisogno gli immigrati in Italia?”
“Il diritto di voto - mi dice Wagne - dobbiamo fare una battaglia per il diritto di voto perché questa è una questione niente affatto simbolica che trascina con sé tanti altri diritti e anche il rispetto stesso dell’immigrato”.
“Chi si rivolge a voi? E la tessera del Coordinamento che tipo di tessera è?”
“A noi si rivolgono - mi rispondono - soprattutto immigrati ma anche qualche lavoratore italiano per problemi di lavoro o di sfratto. Il Coordinamento è federato Cub, ma la tessera è autonoma. Chi si tessera si tessera al “Coordinamento Migranti di Verona”.
“Chi e come si assumono le decisioni che riguardano il Coordiamento Migranti di Verona?”, chiedo.
Spiegano che circa due volte l’anno è convocata l’“Assemblea popolare” di tutti gli iscritti che ha il compito di decidere le linee generali. Poi ci sono i “Comitati territoriali” e un “Direttivo” di 21 membri (nel direttivo: il Presidente Yassine N’ Sir, il Vice Presidente Tahar Sellami, il Segretario Generale Wagne Moustapha).
Dicono: “Noi affermiamo sempre che possiamo al nostro interno non essere d’accordo fra noi, discutere animatamente, ma poi si decide a maggioranza e fuori dobbiamo essere uniti e compatti altrimenti siamo deboli. Ci autofinanziamo, non riceviamo contributi da nessuna istituzione. Noi pensiamo che la nostra battaglia vada fatta a tempo pieno - aggiunge Wagne - siamo dei militanti a tempo pieno; mentre facciamo colazione, a casa, con gli amici, abbiamo sempre un pensiero, noi pensiamo sempre alla battaglia”.
Stiamo per giungere alla conclusione del racconto, mi accorgo che sono trascorse quasi tre ore da quando abbiamo iniziato l’intervista, una storia piena di aneddoti, di particolari, di protagonisti, una storia fatta di drammi, di fatica, di orgoglio e di aspirazione alla verità e alla giustizia.
Un lungo e interessante racconto che, purtroppo, per ragioni di spazio, in questo articolo può solo essere accennato. Prima di congedarmi rivolgo loro le ultime due domande, ultime per ragioni cronologiche in questa intervista, ma non certo ultime per importanza.
“Ad oggi - chiedo - esiste secondo voi il sindacato di classe?”
“No - mi rispondono - non c’è, ma bisogna costruirlo. E’ obbligatorio costruirlo. Bisogna farlo con i settori del sindacato di base, bisogna farlo nell’unità. Noi siamo per l’unità e la lotta di classe”.
“Compagni - dico loro- da pochi giorni vi siete iscritti al Partito di Alternativa Comunista. Questa scelta mi onora e mi rende felice. A conclusione di questa intervista vi voglio chiedere di esplicitare i motivi di questa vostra scelta”.
“Perché - mi rispondono con naturalezza, quasi sorpresi dalla mia domanda - il PdAC ha un programma che corrisponde alla nostra identità. Perché è un partito rivoluzionario alla luce del sole, che dice quello che vuol fare, non si nasconde. Perché è un partito internazionale. Non siamo stati mai iscritti a nessun partito e finalmente abbiamo trovato il nostro partito”.