Lecce
In lotta contro i licenziamenti
Intervista agli operai della Pista di Nardò
a cura del Pdac di Lecce
Marcello Scialpi, Rsu Cobas della Pista di Nardò, ci descrivi i motivi della vostra lotta?
Le
motivazioni della nostra lotta stanno nel fatto che circa 60 persone e di
conseguenza 60 famiglie, senza una motivazione valida o magari nascondendosi
dietro una crisi aziendale rimagono senza lavoro, con la Ntc che interrompe le
lavorazioni in subappalto di due cooperative a nostro giudizio interfaccia dell'azienda
stessa.
Parliamo di
"nascondersi dietro la crisi" perché la Ntc non è un azienda di
produzione ma di sperimentazione e collaudo di vetture. I lavoratori hanno
collaudato auto sulla pista per circa dieci anni, con duri sacrifici e rischi
pagati da vero e proprio caporalato a circa 4 euro senza maggiorazioni di
festivi e di notturni!
Come è stata sviluppata la vostra lotta e quali forme di mobilitazione avete utilizzato?
La nostra lotta è stata sviluppata inizialmente attraverso i sindacati confederali. Successivamente abbiamo visto quanto questa fosse fallimentare, basti pensare che in loro vi era gia contentezza per il raggiungimento degli ammortizzatori sociali (per noi, invece, anticamera dei veri e propri licenziamenti). Dopo di che ci siamo rivolti ai Cobas che si sono affiancati al comitato di lotta operaio ed hanno fatta propria la nostra vertenza, attuando così tutto quello che c'era da fare ai presidi per farci sentire alla carta stampata e non per tenere sempre alta l'attenzione di questa triste e grottesca vicenda auspicando così un reinserimento immediato nonostante la sordità della politica e delle istituzioni.
Quali le responsabilità del governo regionale nella vostra vicenda?
Il governo regionale della Puglia (Vendola) lo riteniamo il maggior responsabile di questa vertenza proprio perche è stato il fautore di vari stanziamenti di soldi pubblici al padronato che poi ci ha licenziato. Tra l'altro, tutte le volte che è stato chiamato in causa si è sempre defilato non prendendo mai di petto questa situazione per tentare una soluzione. Così è stato anche per le altre vertenze operaie nel Salento, come Adelchi, Bat tabacchi e tante altre. Infatti, queste sono ancora rimaste sempre e solo vertenze senza risoluzione. I politici di centrodestra e centrosinistra, da Frisullo alla Capone, passando per Vendola, sono personaggi che sanno solo divulgare chiacchiere e mettersi la fascia tricolore per tagliare nastri e seguire processioni religiose, oltre che regalare soldi al padronato.
Qual'è stato il ruolo di Alternativa comunista nella vostra vertenza?
L unica ad
essere al fianco nella nostra vertenza e stata Alternativa comunista perché non
ha solo presenziato ai nostri presidi, ma ci ha messo anche la faccia
difendendo alcuni lavoratori che sono stati pure querelati dai confederali per
dichiarazioni dove si attaccavano i burocrati. Tra l'altro, Alternativa
comunista ha avuto la forza di affermare che un'unica e sicuramente valida
soluzione ci sarebbe e cioè quella di affidare l'azienda, la cui direzione
padronale ha fatto man bassa di soldi pubblici, alla conduzione di questi
lavoratori sfruttati e messi all angolo dopo 10 anni di sacrifici.
Alternativa comunista propone in Puglia una vertenza generale del mondo del lavoro che unifichi tutte le lotte anche nel Salento. Ritieni che possa servire all'unificazioni delle vertenze dei lavoratori?
L'idea di Alternativa comunista di accomunare tutte le vertenze del Salento e in più in generale in Puglia, è l'unica soluzione che possa rendere forti e dare voce a tutti questi lavoratori presi a schiaffi da aziende padronali e istituzioni compiacenti. Perché la vera forza si costruisce nelle lotte unitarie di tutti i lavoratori, per una vertenza generale del mondo del lavoro contro la crisi capitalista. Un fatto è certo: Alternativa comunista è nella nostra regione l'unico partito che sta nelle lotte di piazza ed è presente nei presidi e nelle manifestazioni dei lavoratori: non come quei politici che nella vertenza degli operai di Adelchi si son vestiti di tutto punto accompagnando i lavoratori a Roma al Ministero del lavoro per poi rientrare con un fallimento per i lavoratori e con una vittoria solo per istituzioni e padroni, consistita in una proroga dell'elemosina che chiamano "cassa integrazione".